Il termine iperlassità legamentosa è usato per descrivere una condizione nella quale la mobilità di un'articolazione è superiore al normale. Ciò si verifica quando le fibre di collagene che costituiscono i legamenti intorno all’articolazione di un soggetto sono più elastici del normale.
Si stima che circa il 20% degli individui abbia una condizione di iperlassità in alcune o in tutte le articolazioni. Il motivo va ricercato nella particolare varietà di una proteina chiamata collagene che costituisce tutti i legamenti. Nella stragrande maggioranza dei casi non si tratta di una condizione patologica, ed anzi in alcuni sport come la ginnastica o la danza l’iperlassità può rappresentare un vantaggio grazie alla ipermobilità delle articolazioni che essa consente. Tuttavia in altri casi può condurre a problemi quali dolori e affaticamento eccessivo anche dopo brevi periodi di attività fisica. Vi sono poi veri e propri quadri patologici, quali la sindrome di Ehlers Danlos e di Marfan, che comportano condizioni estreme di iperlassità nelle quali la particolare struttura delle fibre di collagene comporta articolazioni iperlasse ed iperflessibili, associate peraltro a patologie di organo legate alla malattia del tessuto connettivo (problemi digestivi, vescicali, circolatori). Quali sintomi sono associati all’iperlassità legamentosa? Esistono numerosi sintomi che possono essere associati all’iperlassità dei legamenti soprattutto nei casi più severi, tra questi dolore muscolare e affaticabilità anche dopo brevi periodi di attività fisica. Questo avviene perché essendo i legamenti più elastici non sono in grado di dare la stabilità necessaria alle articolazioni e i muscoli devono lavorare di più per compensare.
Nei bambini questi dolori talvolta sono confusi con i cosiddetti “dolori di crescita”.
In caso di iperlassità legamentosa si ha tendenza alle cadute ed impaccio motorio.
Come si diagnostica una iperlassità dei legamenti? Il test standard per l’iperlassità legamentosa è la valutazione in 9 punti di Beighton . Viene assegnato un punto per ciascuno dei seguenti elementi: estensibilità dell’articolazione del gomito e del ginocchio superiore a 10 gradi, capacità di estendere la quinta articolazione metacarpo-falangea fino a 90 gradi e capacità di opporre il pollice all’avambraccio.
A questo punteggio, va sommato l’ultimo elemento, ossia la capacità di appoggiare i palmi delle mani sul pavimento mantenendo le ginocchia distese. Nel sospetto di alcune malattie del connettivo quali la sindrome di Ehlers Danlos o Marfan, possono essere effettuati test genetici.
Nelle condizioni di iperlassità legamentosa si ricorre solitamente al rinforzo e al miglioramento della stabilità articolare. La stabilità articolare infatti è data dall’interazione tra tre sistemi: sistema legamentoso, sistema muscolare e sistema nervoso propriocettivo. Si va quindi ad aumentare la forza nell’apparato muscolare e l’equilibrio nel sistema propriocettivo.
Nei soggetti con iperlassità, afferma l’Ortopedico Raffaello Riccio, coesiste quasi sempre una valgo-pronazione del retropiede con caduta della volta plantare i cui legamenti non riescono a svolgere il loro ruolo di sostegno.
Stabilizzando il piede possiamo migliorare la capacità dei muscoli del piede, della caviglia e delle gambe e farli lavorare in modo più efficiente, avendo un effetto su tutto il sistema tonico-posturale. Ciò può ridurre il dolore muscolare, l’affaticamento e il rischio di lesioni. Tipicamente, la stabilizzazione del piede sarà raggiunta attraverso una combinazione di calzature appropriate, plantari personalizzati ed esercizi per rinforzare i muscoli del piede e migliorare la propriocettività. Utile l’utilizzo della terapia rigenerativa o proloterapia per migliorare la stabilità articolare.
Luciano Bassani
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